Fermiamoli! Volantino #1

Studentesse, studenti!

La situazione in Italia, come nel resto del mondo, è giunta ad un punto di non ritorno. Le classi egemoni, i padroni, le banche mondiali, i governi reazionari e autoritari si sono resi responsabili di questa crisi, ma come sempre non intendono pagarne le spese. Il peso economico del loro sistema si abbatterà infatti  sulla classe operaia, sui dipendenti statali, sui pensionati e su noi studenti, ormai destinati ad un futuro di precariato e disoccupazione.

FERMIAMOLI!

Le lotte che hanno coinvolto già molti paesi europei e mondiali stanno toccando anche il nostro paese . E’ questo il momento di scendere in piazza e ribellarsi con ogni mezzo a questo sistema che specula e sfrutta chi lavora. Blocchiamo le strade, fermiamo l’Italia intera e rispediamo a casa questo governo e chiunque altro accetti il sistema capitalista, che privilegia la casta dei padroni ed i suoi interessi.

E’ IL MOMENTO DI RIBELLARSI!

La repressione delle forze dell’ordine non riuscirà a fermare le nostre idee. Il loro manganello non batterà la nostra organizzazione. Carabinieri e Polizia sono solo il braccio armato, fedele servo di un potere in putrefazione. I recenti arresti a Napoli, a Roma, e in Val di Susa sono solo l’inizio di una spietata repressione di stampo fascista. Ma non sarà di certo questo a farci arretrare!

Siamo proprio noi studenti ora che, uniti alla classe lavoratrice, dobbiamo rappresentare uniti il cambiamento dello stato di cose, con una massiccia partecipazione alla vita ed alla lotta politica e sociale.

   UNIAMO LE LOTTE E SOVVERTIAMO IL SISTEMA!

Studenti Anticapitalisti Zona Est Napoli.

Comunisti di Ponticelli – Facebook: Comunisti Di Ponticelli

Collettivo La Strada – Facebook: Collettivo La Strada

6 settembre: repressione fascista a Napoli

Con l’avvicinarsi dell’autunno ricomincia la lotta: sacrosanta, e forse anche un po’ ritardataria, considerando lo stato di agitazione che ha toccato Inghilterra, Grecia, Spagna, tocca tuttora il Cile e, seppur con le debite differenze, i paesi Nordafricani. A rinvigorire le ragioni di questa opposizione, che si preannuncia dura e (speriamo sia così) determinante, c’è soprattutto la manovra finanziaria preparata dal governo che come sempre “affida” la soluzione della crisi non a chi l’ha causata – banchieri e padroni – ma a chi lavora e soffre giorno per giorno, a chi fatica ad arrivare alla fine del mese e a chi già vede prospettarsi una vita di precariato e disoccupazione.

Per questo motivo riprende la lotta, e per questo motivo il 6 Settembre si è configurato come un primo giorno di lotta, con lo sciopero generale della CGIL ma anche dei sindacati di base (USB, Unicobas, OrSA, SlaiCobas, USI, SLL) e degli studenti. Ed è stato il primo giorno, questo, anche per le Forze dell’ordine che, serve fedeli dello sBanca d'Italia 6 settembretesso potere che le sfrutta, ha caricato a Napoli studenti, precari e disoccupati che protestavano nei pressi della Banca d’Italia. La repressione fascista, perché di questo si tratta  non si è limitata però solo a caricare; alcuni agenti della DIGOS, infatti, hanno prima fermato e poi portato al carcere di Poggioreale un compagno di ventidue anni incensurato. La notizia giunta alle redazioni di tv e giornali è vergognosa e manipolata con maestria. Secondo quanto riportano tutti i quotidiani, infatti, undici agenti delle Forze dell’ordine sarebbero stati costretti a recarsi all’ospedale a causa delle esplosioni di alcuni petardi lanciati dai manifestanti. Dal momento che il numero di agenti presenti in quel momento davanti la banca non superava la ventina, sorge spontaneo notare come sia stato difficile caricare in nove contro un corteo di mille persone e più… Evidente la manipolazione di queste notizie da parte della questura di Napoli e la provocazione forte che si cela dietro tale gesto.

Ci chiediamo infine se è più grave il comportamento di un popolo che, al limite delle proprie capacità di sopportazione, attacca una Banca, il simbolo di questa crisi, con uova e qualche botto, o quello di un governo che tassa i poveri e i lavoratori, mantenendo i privilegi di una casta padronale arricchitasi all’inverosimile solo grazie allo sfruttamento.

E’ evidente che lo stato fascista che ci governa  ha voluto sin dall’inizio far capire le sue intenzioni per questa stagione. Ma noi studenti, operai, disoccupati, cassaintegrati, precari e tutte le vittime vere di questa crisi abbiamo le idee chiare rispetto al modo di comportarci del futuro prossimo: la lotta sarà sempre più dura perché questo non è più il momento di stare calmi.

Riprendiamoci i nostri diritti come possiamo, riappropriamoci del nostro presente e conquistiamo il nostro futuro!

Aggiornamento: abbiamo saputo che il compagno Enzo è ora agli arresti domiciliari. Solidarietà a chi lotta.

El pueblo instruido (jamas serà vencido)

Luchar para estudiar, estudiar para luchar. [da uno striscione studentesco cileno]

Il Cile vive da tempo una situazione di fermento politico e sociale. La mobilitazione studentesca si unisce ad altre situazioni di protesta, come quella degli indigeni mapuche che da anni subiscono continui soprusi e si vedono privati delle loro terre, militarizzate e consegnate al grande capitale. C’è un motivo ben preciso se in Cile le questioni sociali hanno portato a continui scioperi della fame (forma di protesta adottata sia dai mapuche che dagli studenti), cortei e manifestazioni di proporzioni incredibili e, non ultima, ad una ripresa del movimento anarchico. Questo motivo è la contraddizione di fondo che caratterizza lo Stato cileno: nonostante abbia il prodotto pro-capite più alto del Sud America, è anche il Paese in cui è più netto il divario tra una minoranza agiatissima ed una maggioranza della popolazione costretta a tirare la cinghia.

Ma ad aggravare la situazione si è impegnato, negli ultimi anni, Sebastian Piñera, attuale presidente del Cile, imprenditore e sanguisuga sociale. A Sebastian Piñera va il grande merito di aver svelato il vero volto del capitalismo dei nostri tempi. Piñera, degno fratello di quel Josè della Scuola di Chicago (per intenderci, l’uomo dietro le privatizzazioni del regime), ha avviato un ciclo di liberalizzazioni coatte sotto il segno del “realismo”: Niente è gratuito nella vita. Privatizzazione selvaggia della scuola pubblica; privatizzazione di alcune industrie come la Codelco, industria del rame a suo tempo nazionalizzata da Salvador Allende; intenzione di privatizzare il servizio idrico… La ricetta “lacrime e sangue” è la stessa in tutto il mondo, e non è forse un caso che questo Pinochet in sedicesimo abbia come modelli Reagan e Berlusconi.

Studenti cileni in lotta

La reazione degli studenti non si è fatta attendere, e ormai da maggio sono in mobilitazione permanente. Centinaia gli arrestati nelle ultime settimane di scontri con la polizia, degnamente tornata ai livelli di brutalità degli anni della dittatura. Un ragazzino di 14 anni, Manuel Gutiérrez Reinoso, è stato freddato dalle forze dell’ordine durante uno sciopero in sostegno agli studenti proclamato dalla Confederaciòn General de Trabajadores.

La lotta degli studenti cileni è la nostra lotta. Una delle piattaforme che circolano sul Web, l’Acuerdo Social por la Educación Chilena, è più che chiara sugli obiettivi da raggiungere. Il sistema scolastico deve essere [riprendiamo questi punti, ai quali abbiamo aggiunto alcune nostre considerazioni, dal testo dell’Acuerdo come riportato su Anarkismo.net]:

  • autonomo e democratico, in modo da salvaguardarsi dalle ingerenze politiche, religiose ed economiche, e organizzato in modo da incoraggiare l’auto-organizzazione nei campi dell’amministrazione e dell’insegnamento. Ovviamente ciò richiede strutture interne più democratiche nelle quali siano garantiti il diritto di partecipazione e la libertà di associazione… e chi sta osservando la lenta espansione del modello Marchionne ha già capito che questi fondamentali diritti sono in pericolo, anche nella scuola;
  • pluralistico, in modo da garantire accesso pubblico e gratuito a fonti d’informazione e conoscenza che permettano agli studenti di affrontare criticamente gli argomenti. La trasmissione della conoscenza deve opporsi a qualunque dogmatismo o pratica d’indottrinamento proveniente dall’esterno;
  • di alta qualità, nel senso che l’educazione deve effettivamente educare, dunque essere uno strumento di solidarietà, tolleranza, uguaglianza, rispetto per le identità e le culture della società e dei nativi (in Cile vi sono diverse comunità indigene, come i già citati mapuche). Non ci stancheremo mai di ripetere che non serve a nulla una scuola, pubblica o privata che sia, nella quale si sezionano libri come fossero cadaveri, senza che la cultura si faccia strumento di critica e cambiamento;
  • capace di formare individui: professionisti, tecnici, intellettuali con capacità critica ed un’etica, uomini liberi preparati all’esercizio della democrazia e socialmente responsabili;
  • gratuita, nel senso che lo Stato deve provvedere alle risorse necessarie per garantire del tutto questo diritto, senza che intervengano restrizioni socio – economiche. La parola d’ordine Università pubblica da sola non basta, dobbiamo chiedere una scuola gratuita!

Sono tutti punti che si contrappongono al progetto di scuola che le destre di mezzo mondo  stanno cercando di costruire. Proprio per questo devono diventare i punti dell’imminente mobilitazione italiana, che dovrà vedere studenti, lavoratori e precari uniti per fronteggiare una manovra anche più rigida di quella piñerana.

Ma Genova è ancora in piedi

Eravamo a Genova, la settimana scorsa, con migliaia di compagni per ricordare quei tre giorni d’inferno del 2001 che resteranno nella storia come la grande rivelazione del vero volto dello Stato post-moderno. Eravamo a Genova per ricordare Carlo Giuliani, non un eroe né un simbolo, ma un ragazzo che preferì scendere in piazza con chi chiedeva un altro mondo possibile al posto di andare al mare; e per ricordare, con Carlo, chi in quei giorni venne picchiato, manganellato, massacrato di botte, torturato, internato, messo a tacere con metodi non proprio democratici. In quei giorni il movimento dei movimenti fu costretto a fermarsi, e solo con grande fatica, tra un contro-vertice di Porto Alegre e uno di Johannesburg, è riuscito a rialzarsi.  Abbiamo voluto ricordare quei giorni con mostre fotografiche e assemblee, come quella, partecipatissima, descritta più avanti;ma soprattutto, con cortei e fiaccolate che hanno attraversato Genova con rabbia e volontà di mettersi in gioco, in azione, in movimento. Ripartiamo insieme da Genova, uniti contro la crisi, per un’alternativa al sistema liberal-capitalista e al pensiero unico.

L’assemblea del 22, un po’ il cuore analitico e programmatico della 3 giorni genovese,  si è articolata principalmente in una serie di interventi volti principalmente a rilanciare le parole d’ordine del movimento altermondialista. Uno è il concetto sul quale occorre focalizzare l’attenzione ed ingaggiare una battaglia per l’egemonia culturale: è il concetto di beni comuni. Francesco Raparelli ha fatto notare come questo processo di egemonizzazione sia già in atto da qualche tempo: ne è la prova lampante l’esito felice del referendum di giugno, che ha visto mobilitarsi non solo alle urne, ma anche nelle pratiche di propaganda e discussione, centinaia di migliaia di persone. Bisogna continuare su questa strada, costruendo e difendendo il comune determinato dalle lotte e dalle resistenze dal basso. Forse potremmo notare che, se dieci anni fa la priorità era la costruzione immediata di un contro-Impero, ora si cerca in primis il Comune, al quale si ricollegano i comitati napoletani per un piano alternativo dei rifiuti e gli attivisti pro-acqua pubblica, il movimento No-Tav (vera “stella” di questo appuntamento) e quello universitario. Sfaccettature fortunatamente molteplici, anche se riferibili alla sola Italia. Ecco, forse dal decennale del più cruento dei G8 ci si sarebbe aspettati una maggiore partecipazione internazionale; ma l’appuntamento da segnare sull’agenda è il Summit del 2013 in Maghreb, dove di certo la partecipazione mondiale non sarà trascurabile. Noi ovviamente ci saremo.

Tuttavia, ciò che ci resterà nel cuore è la bellissima Genova finalmente restituita ai movimenti, agli attivisti dei più disparati collettivi, ritrovatisi lì dove il Potere tentò di archiviare definitivamente un sogno. Strade e creuze nelle quali perdersi senza mai smarrirsi, grazie al continuo incrociare magliette con sopra stampati gli slogan di queste giornate, alla costante presenza di compagni ai quali aggregarsi, o di semplici cittadini che attendevano questa piccola forma di giustizia (siccome quella ufficiale è servita a molto poco) per la loro città. C’è una scena che chi scrive non potrà mai dimenticare: la sera del 23, dopo il grande corteo che ha visto più di 30.000 persone provenienti da tutto il Paese, una piazza intera a baciarsi, ridere e cantare con Alessio Lega gli Stornelli dell’esilio.

Aqui estamos.