[Pomigliano d’Arco] 14-15 dicembre – Arriva MarKionne!

Il 14 dicembre, nell’anniversario di un giorno di lotta che ha di fatto aperto le porte ad un 2011 di fuoco (e che ha inevitabilmente segnato una generazione di movimento, la nostra), Sergio Marchionne arriva a Pomigliano d’Arco per presentare la nuova Fiat Panda.

Conoscerete tutti questo signor Marchionne che ci invidiano persino gli americani e i cinesi, tanto stimato anche dal nuovo presidente del Consiglio Monti. Provetto demolitore di diritti acquisiti dopo 50 e più anni di lotte operaie, il suo nome è legato indissolubilmente alla Fiat, di cui è amministratore delegato e per la quale ha escogitato un piano non esattamente ben visto dagli operai di Mirafiori e Pomigliano. Continue reading

17 novembre – Ci rubano il futuro? Occupiamo il presente


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Testo del volantino

CI RUBANO IL FUTURO
OCCUPIAMO IL PRESENTE

La Giornata degli Studenti nasce in ricordo della violenta repressione che la dittatura militare greca lanciò contro gli studenti barricati nel Politecnico di Atene, per protestare contro il regime. Ma questa importante data ha anche un altro valore per gli studenti: proprio in questo giorno, nel 1939, 1200 studenti cecoslovacchi che si opponevano alla guerra vennero trucidati dai nazisti.

Noi non dimentichiamo. E nel ricordo di quei compagni e compagne vogliamo essere in piazza per rivendicare quanto ci spetta. Continue reading

[15 ottobre] Per un vocabolario di regime

È ora che prendiate confidenza con  le parole. [Carmelo Bene]

Come studenti e precari vogliamo dare un nostro personale contributo per aiutare la vostra lettura degli organi di disinformazione, specialmente alla luce delle cronache del 15 falsificate e contraffatte dai pennivendoli. Siamo aperti ai contributi di tutti. All’ermeneutica dei padroni rispondiamo con la filologia autorganizzata.

Casta: termine di gran moda tra gli indignati per bene 5stellisti, gli ex-sinistrorsi democratici e altri signorotti di questa risma. La casta, ovvero la classe politica corrotta, sarebbe il grande nemico da abbattere. Al di là dell’imprecisione semantica, poiché casta ha un significato storico-sociale ben preciso, questo termine è solo un tranello. Della Valle non è meglio di D’Alema, Montezemolo non è meglio di Bersani e di sicuro la Marcegaglia non è meglio di Berlusconi. Il nostro nemico non è la casta, sono i padroni. Rossi, neri, azzurri, bordeaux e a puntini. Per una più completa analisi del fenomeno casta, vi consigliamo questo bell’articolo [da Umanità Nova].

Criminale: secondo i maggiori quotidiani nazionali, i criminali sono gli studenti e i precari in piazza che ingaggiano battaglia contro il governo, le banche e le forze dell’ordine. In barba a Brecht, è più criminale sfasciare una banca che fondarne una, e infatti nessun giornale cartaceo o televisivo definisce fuorilegge l’ex amministratore delegato di Unicredit Banca Alessandro Profumo, frode fiscale per 245 milioni di euro, o Mario Draghi, autore con Trichet della lettera al governo Berlusconi nella quale sono chiarite le direttive della manovra lacrime e sangue.

Maroni/ Di Pietro: no, non è una bestemmia. Sono questi due loschi individui osannati rispettivamente da una sinistra senza più bussola e cartine e da una destra che.. fa la destra. Mentre del primo lasciamo che ne parlino gli spalti del San Paolo (vedi sotto), vogliamo soffermarci su Tonino Di Pietro, salutato per mesi e mesi come il salvatore della patria. A noi sporchi anarco-maoisti non ha mai convinto un magistrato di destra prestato al centro-sinistra, e in questi giorni ne abbiamo la conferma. Calata la maschera del pm un po’ conservatore un po’ filo-operaio, il feroce Tonino ha svelato il suo vero volto: l’esasperazione del giustizialismo malattia senile del post-socialismo, un disprezzo reazionario per le piazze quando non immediatamente inneggianti il suo nome, l’esaltazione del ruolo poliziesco della politica. Un uomo di Stato, insomma. C’è ancora qualcuno che spera in Di Pietro? Tonino chiudici il sito!

Dal San Paolo con amore

1200 euro: cifra costante che guadagnano i nostri ragazzi, ovvero i poliziotti. Sbandierata ogni due pagine dai benpensanti e spesso accompagnata da citazioni a random della nota poesia Il PCI ai giovani!! di Pier Paolo Pasolini. C’è da chiedersi perché a nessuno venga mai in mente che il più delle volte il guadagno di un precario non supera gli 800 euro al mese, oppure perché non si dice lo stesso degli operai, ai quali oltre al danno di dover sottostare ai diktat di Marchionne si aggiunge la beffa di non poter nemmeno manifestare contro quella sanguisuga.

Giovani dei centri sociali: è il primo stadio di classificazione dei soggetti della rivoltasecondo i mass media. Siamo ancora sulla contestazione verbale a politici, imprenditori e altri magnaccioni borghesi, con al massimo qualche spintone. Non importa che tu sia un operaio 40enne che non ha mai messo piede in un’Officina che non sia quella dove lavori, se provi ad alzare la voce quando vengono Bonanni o Tremonti in città sarai sempre un giovane dei centri sociali. Il secondo stadio scatta al momento della rivolta vera e propria: è il black bloc (più erroneamente scritto black block), uno spettro che si aggira per l’Italia da qualche anno. Trattasi di termine assolutamente privo di significato giacché il black bloc è(ra) un modo di stare in piazza tipico dell’autonomia tedesca e americana. La massiccia operazione di ricostruzione dei fatti curata dai media, su tutti la Repubblica e il Tg1, ha trasformato questo termine in un sinonimo per criminali incalliti figli di papà frustrati che distruggono tutto ciò che trovano per il puro gusto di danneggiare lavoratori e onesti cittadini. Il terzo stadio, al quale si ricorre solo in casi estremi come il 6 luglio in Val di Susa, è l’anarco-insurrezionalismo. Ha scritto qualcuno che con questa teoria ha davvero a che fare: Giornalisti tediano, telecronisti tengono svegli, ministri degli interni dalla stantia coscienziosità fanno tremare di paura camere riunite mentre poliziotti assortiti fiutano ogni angolo del paese, col risultato di dare corpo a un fantasma che solo nel nome ricorda qualcosa di concreto. È il destino di tutte le idee rivoluzionarie che, opportunamente digerite dai grandi mezzi di diffusione, divengono banalità realistiche funzionali al dominio [A. M. Bonanno]. Non aggiungiamo altro, se non l’interessante constatazione che, stando alle cifre e agli allarmi dei media di regime, il numero degli insurrezionalisti supera quello degli elettori di Rifondazione comunista. Facciamo notare che nessun giornalista prova a chiedersi se dietro questa escalation da sagra della molotov vi sia una semplicissima verità, e cioè che c’è gente di ogni età che non ne può più di una vita di sfruttamento, di diritti negati e di saccheggio delle proprie risorse.

[15 ottobre] Una svolta mancata

I fatti del 15 ottobre sono già preda dei media di regime e dei politicanti in cerca di una poltrona. Eravamo a Roma e vogliamo darvi la nostra versione dei fatti e qualche considerazione sparsa su quanto accaduto e non-accaduto. Premettiamo che non riteniamo facile un giudizio sul bilancio di questa giornata, poichè troppe cose ancora ci sfuggono e altre ci risultano non del tutto chiare.

Graffito "Le monde est nous"

Una pratica come quella di ieri non è sbagliata in sé. Ci riferiamo principalmente allo scontro diretto e alla pratica “violenta”, mentre non abbiamo apprezzato la distruzione delle macchine (eccezion fatta per i SUV, oggettoni inquinanti che ci piacciono solo quando bruciano), né la distruzione della Madonna di gesso, fuori luogo nel contesto anticapitalista di ieri. Non sbagliata in sé, dicevamo, questa pratica, questo modo d’agire… ma perchè a Piazza San Giovanni? Perchè non puntare dritti verso Montecitorio e ingaggiare lì, casomai, guerriglia?

Non sappiamo bene cosa sia accaduto, perchè una certa tattica non sia stata messa in pratica nonostante l’organizzazione. Le ipotesi sono infinite, ma siamo convinti di un fatto: se riot deve essere, sia riot serio, o ci si aspetta forse uno Stato docile che lasci scassare quel che si vuole, a patto che resti dove gli fa comodo? Quando questo accade, ci sorgono sempre dei dubbi sulla genuinità dello scontro.

Non fraintendete. È assurda la teoria dei 100/200/dite-voi-un-numero infiltrati, è impensabile che tutti i manifestanti del riot fossero digossini, fasci o vattelappescà. Questa è roba buona per cigiellini impuntati e ex-disobbedienti (sottolineamo l’ex, abbiamo sentito commenti molto più ponderati e interessanti sui fatti di ieri da parte di alcuni compagni disobbedienti che da certa autonomia). La verità è che ieri c’erano tante individualità con ottimi motivi per ingaggiare una battaglia, ma hanno sbagliato obiettivo e luogo dello scontro. Se tutto quanto accaduto fosse scoppiato in altro luogo, appunto quello di cui si parlava prima (la via per Montecitorio), la reazione del corteo più grande sarebbe stata diversa. E non è detto che qualcuno degli indignati, magari sprovvisto di casco ma in giacca e cravatta, non avrebbe provato ad accodarsi.

Ripetiamo anche una constatazione già espressa riguardo i fatti del 14 dicembre: questa faccenda della singola giornata di lotte lascia un po’ con l’amaro in bocca. Se una pratica simile può essere utile, deve essere portata avanti per giorni. Ma è pur vero che in un posto come la Grecia, quando scoppiano i riot, o nel fu Egitto delle rivolte contro Mubarak, c’è un Paese bloccato da scioperi generali che a volte durano 48 ore…

Magnatev' o padròn'

In caso di languorino, mangiare il padrone

Per quanto riguarda lo sfasciare vetrine delle banche: beh, non cambieranno certo l’ordine delle cose, di sicuro le direttive di Draghi non verranno ritirate perchè due-tre persone hanno sfondato un vetro, però a questo punto dovremmo criticare qualsiasi atto simbolico, compresa l’occupazione delle banche, breve o prolungata che sia. Il che forse non sarebbe negativo, visto che di atto simbolico in atto simbolico non riusciamo ancora a produrre un atto concreto, che metta del tutto in crisi lo stato di cose vigente.

La speranza è che dalla giornata di ieri non se ne esca come 10 anni fa dal G8 di Genova. Al tempo non c’eravamo, troppo piccoli per capire cosa stesse accadendo, ma testimonianze e discussioni (molte delle quali carpite al decennale commemorativo) ci hanno fatto intendere che in quelle giornate il movimento altermondialista, nelle sue varie declinazioni, veniva accantonato e si chiudeva una stagione di lotte. Noi non troviamo contraddizioni in chi partecipa ai riots e contemporaneamente si considera parte di questo grande ed eterogeneo movimento anticapitalista… Auguriamoci che nei prossimi giorni, in barba alle bestalità e all’oscuramento dei media, possa determinarsi un continuum delle lotte contro le banche e il debito, per l’autorganizzazione.