Dal carcere di Perugia: lettera di Alberto “Fagiolino”

Riportiamo da 10×100 una lettera di Alberto detto Fagiolino, uno dei compagni condannati per i fatti di Genova 2001. Invitiamo a scrivergli per dimostrargli che non è solo. L’indirizzo è:

Alberto Funaro
Casa Circondariale Capanne
Via Pievaiola 252
06132 Perugia

Liber* tutt*!

Ciao,

Malgrado gli 11 anni trascorsi è ancora ben chiaro nella mia mente il ricordo che ci portò in quelle giornate a Genova, eravamo felici e pieni di speranze, eravamo più di 300.000 mila, tutte e tutti con la voglia di contestare i potenti, tutti e tutte con la voglia di costruire un mondo diverso (nel nome di un così detto movimento dei movimenti). Poi purtroppo qualcosa è andato storto, se così vogliamo dire, ed è successo quello che è successo: le violenze, i massacri e la morte (omicidio di Stato) di uno di noi, il nostro caro Carlo. Mi ricordo anche molto bene l’ipocrisia di chi giù in quei giorni cominciava a cavalcare l’onda dividenti i buoni da cattivi.

Il dopo Genova fu poi caratterizzato da quell’accanimento, da quella caccia alle streghe da parte della magistratura nei confronti di 25 tra compagni e compagne con l’accusa assurda del reato di devastazione e saccheggio.

A seguire poi il buio più completo, fino a quel 2008 quando la Corte d’Appello portò da 25 a 10 i compagni e le compagne accusate per quell’abominevole reato e, ricordo ancora bene quello che si percepiva dalla dichiarazione (in rete) rilasciata da Casarini dopo la sentenza, i “suoi 15″, i manifestanti modello e per questo giustamente assolti (alla faccia della solidarietà militante!).

Gli altri 10 invece cani sciolti, brutti, zozzi e cattivi e, così giustizia fu fatta. 10 per lo più anarchici, i subbugliatori du 300.000 persone e, non lo dico per vittimismo, forse sarà una coincidenza o forse un dato di fatto, chissà…?

Poi di nuovo calarono le tenebre e tutto andò al dimenticatoio sino alla sentenza finale del 13 luglio del 2012 quando la Cassazione confermò per noi 10 la condanna per il reato di devastazione e saccheggio (con pene dai 7 ai 15 anni di reclusione). Continue reading

Ma Genova è ancora in piedi

Eravamo a Genova, la settimana scorsa, con migliaia di compagni per ricordare quei tre giorni d’inferno del 2001 che resteranno nella storia come la grande rivelazione del vero volto dello Stato post-moderno. Eravamo a Genova per ricordare Carlo Giuliani, non un eroe né un simbolo, ma un ragazzo che preferì scendere in piazza con chi chiedeva un altro mondo possibile al posto di andare al mare; e per ricordare, con Carlo, chi in quei giorni venne picchiato, manganellato, massacrato di botte, torturato, internato, messo a tacere con metodi non proprio democratici. In quei giorni il movimento dei movimenti fu costretto a fermarsi, e solo con grande fatica, tra un contro-vertice di Porto Alegre e uno di Johannesburg, è riuscito a rialzarsi.  Abbiamo voluto ricordare quei giorni con mostre fotografiche e assemblee, come quella, partecipatissima, descritta più avanti;ma soprattutto, con cortei e fiaccolate che hanno attraversato Genova con rabbia e volontà di mettersi in gioco, in azione, in movimento. Ripartiamo insieme da Genova, uniti contro la crisi, per un’alternativa al sistema liberal-capitalista e al pensiero unico.

L’assemblea del 22, un po’ il cuore analitico e programmatico della 3 giorni genovese,  si è articolata principalmente in una serie di interventi volti principalmente a rilanciare le parole d’ordine del movimento altermondialista. Uno è il concetto sul quale occorre focalizzare l’attenzione ed ingaggiare una battaglia per l’egemonia culturale: è il concetto di beni comuni. Francesco Raparelli ha fatto notare come questo processo di egemonizzazione sia già in atto da qualche tempo: ne è la prova lampante l’esito felice del referendum di giugno, che ha visto mobilitarsi non solo alle urne, ma anche nelle pratiche di propaganda e discussione, centinaia di migliaia di persone. Bisogna continuare su questa strada, costruendo e difendendo il comune determinato dalle lotte e dalle resistenze dal basso. Forse potremmo notare che, se dieci anni fa la priorità era la costruzione immediata di un contro-Impero, ora si cerca in primis il Comune, al quale si ricollegano i comitati napoletani per un piano alternativo dei rifiuti e gli attivisti pro-acqua pubblica, il movimento No-Tav (vera “stella” di questo appuntamento) e quello universitario. Sfaccettature fortunatamente molteplici, anche se riferibili alla sola Italia. Ecco, forse dal decennale del più cruento dei G8 ci si sarebbe aspettati una maggiore partecipazione internazionale; ma l’appuntamento da segnare sull’agenda è il Summit del 2013 in Maghreb, dove di certo la partecipazione mondiale non sarà trascurabile. Noi ovviamente ci saremo.

Tuttavia, ciò che ci resterà nel cuore è la bellissima Genova finalmente restituita ai movimenti, agli attivisti dei più disparati collettivi, ritrovatisi lì dove il Potere tentò di archiviare definitivamente un sogno. Strade e creuze nelle quali perdersi senza mai smarrirsi, grazie al continuo incrociare magliette con sopra stampati gli slogan di queste giornate, alla costante presenza di compagni ai quali aggregarsi, o di semplici cittadini che attendevano questa piccola forma di giustizia (siccome quella ufficiale è servita a molto poco) per la loro città. C’è una scena che chi scrive non potrà mai dimenticare: la sera del 23, dopo il grande corteo che ha visto più di 30.000 persone provenienti da tutto il Paese, una piazza intera a baciarsi, ridere e cantare con Alessio Lega gli Stornelli dell’esilio.

Aqui estamos.