[15 ottobre] Per un vocabolario di regime

È ora che prendiate confidenza con  le parole. [Carmelo Bene]

Come studenti e precari vogliamo dare un nostro personale contributo per aiutare la vostra lettura degli organi di disinformazione, specialmente alla luce delle cronache del 15 falsificate e contraffatte dai pennivendoli. Siamo aperti ai contributi di tutti. All’ermeneutica dei padroni rispondiamo con la filologia autorganizzata.

Casta: termine di gran moda tra gli indignati per bene 5stellisti, gli ex-sinistrorsi democratici e altri signorotti di questa risma. La casta, ovvero la classe politica corrotta, sarebbe il grande nemico da abbattere. Al di là dell’imprecisione semantica, poiché casta ha un significato storico-sociale ben preciso, questo termine è solo un tranello. Della Valle non è meglio di D’Alema, Montezemolo non è meglio di Bersani e di sicuro la Marcegaglia non è meglio di Berlusconi. Il nostro nemico non è la casta, sono i padroni. Rossi, neri, azzurri, bordeaux e a puntini. Per una più completa analisi del fenomeno casta, vi consigliamo questo bell’articolo [da Umanità Nova].

Criminale: secondo i maggiori quotidiani nazionali, i criminali sono gli studenti e i precari in piazza che ingaggiano battaglia contro il governo, le banche e le forze dell’ordine. In barba a Brecht, è più criminale sfasciare una banca che fondarne una, e infatti nessun giornale cartaceo o televisivo definisce fuorilegge l’ex amministratore delegato di Unicredit Banca Alessandro Profumo, frode fiscale per 245 milioni di euro, o Mario Draghi, autore con Trichet della lettera al governo Berlusconi nella quale sono chiarite le direttive della manovra lacrime e sangue.

Maroni/ Di Pietro: no, non è una bestemmia. Sono questi due loschi individui osannati rispettivamente da una sinistra senza più bussola e cartine e da una destra che.. fa la destra. Mentre del primo lasciamo che ne parlino gli spalti del San Paolo (vedi sotto), vogliamo soffermarci su Tonino Di Pietro, salutato per mesi e mesi come il salvatore della patria. A noi sporchi anarco-maoisti non ha mai convinto un magistrato di destra prestato al centro-sinistra, e in questi giorni ne abbiamo la conferma. Calata la maschera del pm un po’ conservatore un po’ filo-operaio, il feroce Tonino ha svelato il suo vero volto: l’esasperazione del giustizialismo malattia senile del post-socialismo, un disprezzo reazionario per le piazze quando non immediatamente inneggianti il suo nome, l’esaltazione del ruolo poliziesco della politica. Un uomo di Stato, insomma. C’è ancora qualcuno che spera in Di Pietro? Tonino chiudici il sito!

Dal San Paolo con amore

1200 euro: cifra costante che guadagnano i nostri ragazzi, ovvero i poliziotti. Sbandierata ogni due pagine dai benpensanti e spesso accompagnata da citazioni a random della nota poesia Il PCI ai giovani!! di Pier Paolo Pasolini. C’è da chiedersi perché a nessuno venga mai in mente che il più delle volte il guadagno di un precario non supera gli 800 euro al mese, oppure perché non si dice lo stesso degli operai, ai quali oltre al danno di dover sottostare ai diktat di Marchionne si aggiunge la beffa di non poter nemmeno manifestare contro quella sanguisuga.

Giovani dei centri sociali: è il primo stadio di classificazione dei soggetti della rivoltasecondo i mass media. Siamo ancora sulla contestazione verbale a politici, imprenditori e altri magnaccioni borghesi, con al massimo qualche spintone. Non importa che tu sia un operaio 40enne che non ha mai messo piede in un’Officina che non sia quella dove lavori, se provi ad alzare la voce quando vengono Bonanni o Tremonti in città sarai sempre un giovane dei centri sociali. Il secondo stadio scatta al momento della rivolta vera e propria: è il black bloc (più erroneamente scritto black block), uno spettro che si aggira per l’Italia da qualche anno. Trattasi di termine assolutamente privo di significato giacché il black bloc è(ra) un modo di stare in piazza tipico dell’autonomia tedesca e americana. La massiccia operazione di ricostruzione dei fatti curata dai media, su tutti la Repubblica e il Tg1, ha trasformato questo termine in un sinonimo per criminali incalliti figli di papà frustrati che distruggono tutto ciò che trovano per il puro gusto di danneggiare lavoratori e onesti cittadini. Il terzo stadio, al quale si ricorre solo in casi estremi come il 6 luglio in Val di Susa, è l’anarco-insurrezionalismo. Ha scritto qualcuno che con questa teoria ha davvero a che fare: Giornalisti tediano, telecronisti tengono svegli, ministri degli interni dalla stantia coscienziosità fanno tremare di paura camere riunite mentre poliziotti assortiti fiutano ogni angolo del paese, col risultato di dare corpo a un fantasma che solo nel nome ricorda qualcosa di concreto. È il destino di tutte le idee rivoluzionarie che, opportunamente digerite dai grandi mezzi di diffusione, divengono banalità realistiche funzionali al dominio [A. M. Bonanno]. Non aggiungiamo altro, se non l’interessante constatazione che, stando alle cifre e agli allarmi dei media di regime, il numero degli insurrezionalisti supera quello degli elettori di Rifondazione comunista. Facciamo notare che nessun giornalista prova a chiedersi se dietro questa escalation da sagra della molotov vi sia una semplicissima verità, e cioè che c’è gente di ogni età che non ne può più di una vita di sfruttamento, di diritti negati e di saccheggio delle proprie risorse.

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