Riportiamo analisi e testimonianze della serata di lotta di sabato scorso dal sito dei Clash City Workers.
Sono le 19 di un accaldato sabato pomeriggio, a Napoli. Lavoratori dell’Algida, dell’Alenia, di Pomigliano, precari, disoccupati e studenti, organizzati nella neonata Camera popolare del Lavoro, hanno appena costretto lo store Algida della Stazione Centrale di Napoli a chiudere per una buona mezz’ora.
Un messaggio arrivato, siamo sicuri, immediatamente alla direzione aziendale dello stabilimento di Caivano, e che costringerà finalmente i manager a spendere due parole – almeno quelle, visto che di soldi non ne vogliono proprio cacciare! – sulla gestione del lavoro in fabbrica. Qualcosa dovranno dire anche i sindacati, completamente assenti, almeno finora, nella vicenda che raccontiamo, ancora una volta, sinteticamente.
1. L’Algida non è una fabbrica in crisi
Lo stabilimento di Caivano, unico rimasto in Italia, continua a fare importanti fatturati: insieme agli stabilimenti tedeschi, francesi e inglesi produce gelati per tutto il continente europeo. Il Magnum e il Cornetto, per dire, si fanno a Caivano, come pure molti altri prodotti. Pochi anni fa ha ricevuto pure circa 21 milioni di euro dallo Stato, nell’ambito del programma InvItalia, per l’ammodernamento dello stabilimento: sono stati installati i pannelli solari per l’autosufficienza energetica, ammodernate le linee, reso più ecologico tutto l’impianto, tanto da far scrivere al quotidiano La Repubblica, nel 2013, che la storia dell’Algida di Caivano era contraria a quella di tante multinazionali in fuga dall’Italia, parole confermate dal manager di Unilever, Pierluigi Orlandi, che dichiarava: “Qui si conferma e rafforza la nostra intenzione di continuare a investire sul gelato e in Italia, e assicurare a Caivano un ruolo di rilievo nello scenario globale dei nostri siti produttivi”. Continue reading