[Napoli] 9/5 – Lavoratori e lavoratrici in lotta chiudono uno store dell’Algida

Riportiamo analisi e testimonianze della serata di lotta di sabato scorso dal sito dei Clash City Workers.

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Sono le 19 di un accaldato sabato pomeriggio, a Napoli. Lavoratori dell’Algida, dell’Alenia, di Pomigliano, precari, disoccupati e studenti, organizzati nella neonata Camera popolare del Lavoro, hanno appena costretto lo store Algida della Stazione Centrale di Napoli a chiudere per una buona mezz’ora.

Un messaggio arrivato, siamo sicuri, immediatamente alla direzione aziendale dello stabilimento di Caivano, e che costringerà finalmente i manager a spendere due parole – almeno quelle, visto che di soldi non ne vogliono proprio cacciare! – sulla gestione del lavoro in fabbrica. Qualcosa dovranno dire anche i sindacati, completamente assenti, almeno finora, nella vicenda che raccontiamo, ancora una volta, sinteticamente.

1. L’Algida non è una fabbrica in crisi

Lo stabilimento di Caivano, unico rimasto in Italia, continua a fare importanti fatturati: insieme agli stabilimenti tedeschi, francesi e inglesi produce gelati per tutto il continente europeo. Il Magnum e il Cornetto, per dire, si fanno a Caivano, come pure molti altri prodotti. Pochi anni fa ha ricevuto pure circa 21 milioni di euro dallo Stato, nell’ambito del programma InvItalia, per l’ammodernamento dello stabilimento: sono stati installati i pannelli solari per l’autosufficienza energetica, ammodernate le linee, reso più ecologico tutto l’impianto, tanto da far scrivere al quotidiano La Repubblica, nel 2013, che la storia dell’Algida di Caivano era contraria a quella di tante multinazionali in fuga dall’Italia, parole confermate dal manager di Unilever, Pierluigi Orlandi, che dichiarava: “Qui si conferma e rafforza la nostra intenzione di continuare a investire sul gelato e in Italia, e assicurare a Caivano un ruolo di rilievo nello scenario globale dei nostri siti produttivi”.

Investire sul gelato in Italia: sì, ma come? A che prezzo?

Ogni anno, fino all’anno scorso, Algida assumeva, tra Gennaio e Settembre, tra i 250 e i 400 stagionali per venire incontro al picco produttivo estivo: si tratta di persone che, in questo modo, lavoravano per Algida da almeno dieci anni, e che su quella “continuità” avevano costruito famiglie e progettato un futuro. Nel 2010 fu firmato anche un accordo che garantiva a 30 lavoratori che avessero lavorato 8 mesi all’anno per 4 anni di passare, qualora ce ne fossero state le esigenze, al contratto indeterminato part-time; nel 2011 lo stesso contratto fu proposto ad altre 20 persone circa.

Purtroppo, però, a Settembre 2014, i 30 lavoratori si sono trovati in mezzo ad una strada: le esigenze sembravano sparite, e quel passaggio a indeterminato che sembrava una formalità è sfumato. Cassa integrazione a Dicembre, una denuncia all’Ispettorato del Lavoro perchè durante la Cassa Integrazione l’azienda faceva ricorso a personale di ditte esterne, poi a Gennaio riparte la produzione, l’Expò, di cui Algida è partner ufficiale, parte il primo maggio.

Un accordo e/è un ricatto

In seguito alle proteste per la cassa integrazione e di fronte alla richiesta dei sindacati di escluderla per gli anni a venire, l’azienda propone un nuovo contratto al ribasso per i lavoratori interni: taglio di tutte le indennità in cambio del – non garantito – arrivo di nuovi volumi produttivi, garanzia occupazionale solo fino a Dicembre 2015. I lavoratori esterni vengono illusi: se passa l’accordo voi potete essere riassunti. Peccato che non ci risulta né che nell’accordo fossero messi per iscritto i volumi extra, né che ci fossero garanzie per la riassunzione dei licenziati!

Chi li fa adesso, i gelati per l’Expò?

I lavoratori, dopo anni di accordi al ribasso, hanno deciso di dire no all’ennesimo taglio dei diritti. È entrata nel pieno la stagione calda e, per la prima volta, non sono stati chiamati stagionali: questo grazie ad una spaventosa riorganizzazione della produzione, con impiegati spostati sulle linee, a produrre, che è stata fatta col consenso dei sindacati. Non solo: da poche settimane è partita la flessibilità con gli straordinari di sabato, sempre col consenso dei sindacati: come se non ci fossero 30 persone, almeno, buttate fuori senza un grazie, che potrebbero lavorare come hanno fatto in tutti questi anni!

 

In tutti gli store Algida c’è un contatore dei gelati venduti, segno che ci tengono a mostrare che sono un’azienda che funziona: non sappiamo, però, l’esatta distribuzione della produzione nei vari stabilimenti europei, i modi in cui i lavoratori vengono messi in concorrenza tra di loro, i profitti che ogni anno fanno gli azionisti: ci sono dati che non vogliono escano dai consigli d’amministrazione.

Noi, però, abbiamo i nostri, di dati: sappiamo quanto pesano 400 euro al mese di mutuo sottoscritto fidandosi della promessa di un indeterminato; sappiamo quanto costano libri e vestiti per i figli; sappiamo come ci si sente a doversi reinventare un lavoro, uno qualunque, a oltre 40 anni, sacrificare i w-e per portare 50 euro a casa, in qualche modo. Ed è sulla base dei nostri dati che lottiamo per riassunzione immediata e stabilizzazioni: dei vostri fottuti calcoli sul profitto non ci interessa nulla!

LA LOTTA DEI LAVORATORI ALGIDA NON SI FERMA!

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